QUESTIONE di soldi o timore di contatti con la camorra. Per uno di questi motivi, forse per tutt’e due, Aurelio De Laurentiis ruppe con l’impresa che da 12 anni curava bene il prato del San Paolo. Quel campo in tv l’altra notte sembrava crosta di luna.
FUNGHI, virus, siccità, colpa del Comune, no del Napoli, solo del Napoli. Si sente di tutto. La verità rimane sotto la sabbia di un campo ormai malato, se non si parla con chi la conosce. Già, chi? Fino al 18 gennaio 2012 aveva l’appalto Francesco Marrone, uno dei 42 vivaisti di Melito, ora con sede a Somma Vesuviana in via Pomigliano. «In dodici anni non c’è stato mai un filo d’erba fuori posto. Un manto erboso che era un tappeto», assicura il titolare di “Vivai piante e fiori Marrone srl”. Poi che cosa è successo? Il Napoli era negli ottavi di Champions, due giorni dopo la partita con il Bologna l’impresa Marrone affronta De Laurentiis. «Con mia figlia Alessandra presentiamo un preventivo nuovo. La manutenzione costa molto di più perché il Napoli gioca spesso, anche in settimana. Pochi i 4.200 euro più Iva al mese. La mia azienda ha 25 anni di esperienza, cura i migliori campi, da 12 serve il Napoli, 40 operai. Feci io giocare gratis il Napoli ai tempi della C1 a Palma Campania e a Marano. Bella riconoscenza, appena ho chiesto l’aumento ho smesso di lavorare, ora ho 13 operai, non più 40». Francesco Marrone inasprisce i toni. «Per un campo di calcio occorrono passione, competenza e mezzi. Il 12 agosto dell’anno scorso per evitare quanto succede adesso, mancando l’acqua, ho portato le autobotti al San Paolo. Sul campo. D’estate è fondamentale irrigare». Ma c’è un retroscena. E va ricordato a Francesco Marrone. Accreditò come collaboratore dell’impresa il giardiniere Antonio Lorusso, figlio del potente capoclan Salvatore di Masseria Cardone alla periferia nord di Napoli, oggi pentito. Ha rivelato ai pm dell’antimafia Sergio Amato ed Enrica Parascandolo il riciclaggio di danaro sporco attraverso ristoranti di Chiaia. In quella indagine i carabinieri scattarono una foto di Antonio Lorusso ai bordi del campo in Napoli-Parma del 25 aprile 2010, finita 2-3, con movimento anomalo di scommesse nell’intervallo. Di questa vicenda si è occupato anche un altro pool, guidato dal procuratore Giovanni Melillo, con il pm anticamorra Antonello Ardituro. Il cambio di impresa avviene il 18 gennaio 2012. Meno di un mese dopo, il 14 febbraio, Aurelio De Laurentiis è ascoltato in procura per quattro ore. Parla di tutto, anche dello stadio e di Lavezzi, destinato al Paris Saint Germain. De Laurentiis voleva risparmiare o era preoccupato: in qualche modo il nome del club attraverso il finto giardiniere era stato accostato ad un clan. Oggi Marrone spiega sereno: «Quel ragazzo è cresciuto a casa mia. Non so niente di lui, se non la sua passione per il Napoli. Tifoso come me. Mi ha implorato di farlo lavorare allo stadio. Un tifoso e niente di più». Subentra un’altra impresa, quindi. “Sa.Ma.” di Salvatore Marrone, solo omonimo, sede a Trentola Dugenta in via Larga. Trova la migliore combinazione per i campi di calcio: “Lorium” e “Poa Pratensis”, usata anche a Palermo. Ma il titolare di “Sa.Ma” sostiene che è ideale d’inverno, sopporta male il caldo umido. «Sono spuntati funghi che proliferano». Visto il campo malridotto il 19 agosto (Napoli-Olympiacos), Marrone interviene. Semina lunedì e martedì scorsi. «In una settimana è esploso il dramma, ma non c’erano segnali negativi». Spera nella pioggia. «È già cambiato dell’80 per cento». Ma è vero che lavora per molto meno, magari in cambio pubblicità? «Sono rapporti commerciali che restano segreti». Dalla Facoltà di Agraria, Luigi Frusciante, genetista con uno studio pubblicato sulla copertina di “Nature”, ammonisce. «Se ci sono funghi, bisogna sterilizzare subito il terreno. È malato. Si riproducono nel terreno, attaccano la pianta alla radice». Preoccupata la Federcalcio. Arriva un ispettore, un esperto, Giovanni Castelli. Oggi che riprende la semina.
fonte:Antonio Corbo - La Repubblica
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